La vita di Giuseppe Morabito

Nome RPG: Giuseppe Morabito

Professione di copertura: Scrittore

Arma preferita: SOCOM

Età: 26

Altezza: 186 cm

Peso: 90 kg

Foto: La vita di Giuseppe Morabito La-cosa

Foto: La mia storia è una storia semplice, probabilmente perché dura da poco. I fatti interessanti nella mia vita si raggruppano tutti quanti negli ultimi anni: nacqui il 17 marzo 1914 ad Africo, nel Sud della Calabria, nel meridione italiano. Mia madre lavorava come segretaria nell'ufficio di un avvocato, mio padre era un giornalista. La mia infanzia non fu mai scossa da eventi salienti fino ai tredici anni quando per la prima volta vidi un uomo morire: era un'estate calda e con i miei amici ero dentro un bar di Africo Mare quando sentimmo uno sparo, ci voltammo e un signore con la camicia a strisce bianche e verdi era disteso per terra, con la faccia sull'asfalto. Capii che era morto perché già i piedi sull'asfalto bruciavano da far paura, chissà la faccia. Perlomeno non mi prese il panico come al mio amico Antonello che si mise a piangere perché aveva visto per primo il petto dell'uomo aprirsi per far passare il proiettile e da quel momento ogni volta che vedeva il sangue gli girava la testa. Caso vuole che a 18 anni entrò a far parte della polizia locale e uno dei suoi primi giorni di lavoro un tizio entrò in caserma per un conto in sospeso con un ispettore sparandogli in testa e quando Antonello, che era lì vicino, vide il sangue dell'ispettore sulla sua uniforme perse il controllo e svenne battendo la nuca contro un mobile e morendo di emorragia cranica. "La vita a volte ti gioca brutti scherzi" mi disse mio padre una volta quando ebbi compiuto la maggiore età e quindi fui pronto per far parte del mondo che fino ad allora ancora non conoscevo. Scoprii una sera di inverno del 1931 che mio padre collaborava con l'Ndrangheta per evitare che certe notizie si sapessero in giro e quando lui occultava un misfatto, la mafia lo ricompensava con alcuni piaceri. Uno di questi, "il più grande" secondo mio padre, fu quello di far entrare me nella Famiglia. Protezione e denaro mi furono forniti dall'Ndrangheta per 8 lunghi anni, mentre io, per la Famiglia, dovevo rispondere quando ogni tanto qualcuno aveva bisogno di una mano, un pugno e a volte anche di un proiettile nel ginocchio. Tra un'estorsione e un pestaggio mio padre mi iniziava all'arte della scrittura, ma io non volli seguire le sue orme, bensì diventai scrittore. Pubblicai un libro di avventura scritto con il mio grande amico Gianfranco, ambientato nella grande America, mio sogno fin da bambino, il quale ebbe un grande successo, ma penso che la Famiglia abbia incentivato in qualche modo l'acquisto della mia opera. In ogni modo ne fui entusiasta, tanto che continuai a scrivere anche "romanzetti a domicilio", ossia storie brevi che mi commissionava la gente da regalare. La mia carriera da scrittore mi aveva dato la possibilità di parlare in pubblico di incarichi che mi venivano dati dalla Famiglia, quando prima dovevo ricevere chiamate in gran segreto da un telefono in una casa nella città vecchia; "Giuse' vedi che c'è Tizio che ha bisogno di una MANO per quel saggio che stava scrivendo" voleva dire che dovevo raggiungere Tizio in un luogo deciso ed aiutarlo a svolgere un compito; quando sentivo "Giuse' c'è Caio che ti cercava per un LAMPO di genio che gli era venuto in mente" il mio compito era ricordare a qualcuno chi era che comandava. E la mia vita non poteva andare avanti meglio di così. Un giorno però ricevetti una chiamata che mi sconvolse: niente codici, niente mezze misure. Nel magazzino abbandonato nella città vecchia era in corso una sparatoria tra la nostra famiglia e una rivale. Erano a corto di scagnozzi e mandarono me a fare un lavoro che non avevo mai fatto: uccidere un uomo. Arrivai sul luogo senza dare nell'occhio che già si sentivano gli spari da lontano. Fu una carneficina, una ventina di morti, parecchi feriti da entrambe le parti. La Famiglia fu indebolita non poco e la storia non poté non finire sul giornale: prima che succedesse qualcosa di spiacevole i miei genitori mi fecero fuggire in America, da dei parenti emigrati tempo addietro che vivevano ora nei dintorni di Chicago. Il mio sogno si era realizzato nel peggiore dei modi: poco dopo venni a sapere che mio padre era morto in circostanze dubbie e piansi molto la sua scomparsa. Per i primi tempi cercai di ambientarmi in quel nuovo mondo, cercandomi un lavoro onesto, una sistemazione confortevole e una brava ragazza con cui passare il resto della mia vita. Questa farsa non durò per tanto tempo... mi ero abituato a vivere all'inferno e l'inferno mi mancava. Ben presto mi trasferii in città e non ci volle molto perché entrai nel giro della mafia locale. Un giorno un uomo di nome Nathan Storm mi avvicinò in un bar nella zona di Little Italy, parlando della Famiglia Nitti. Io ascoltavo attentamente le sue parole...

Superlativa, i miei complimenti! Non vedo l'ora di leggere ancora tuoi scritti. Continua così!

Nathan Storm ;)

Gran bel lavoro, scritta bene e ricca di contenuti. Ottimo.

Davvero bella,continua così

Donna Miranda ha scritto:: Gran bel lavoro, scritta bene e ricca di contenuti. Ottimo.

Bellissima storia, complimenti!

Ottimo lavoro, bravo.

George Banks ha scritto:: Bellissima storia, complimenti!

Donna Miranda ha scritto:: Gran bel lavoro, scritta bene e ricca di contenuti. Ottimo.

complimenti!

Ottimo lavoro, apprezzo davvero

Bellissima, qualche screen avrebbe migliorato però (y)

Perfetta

Complimenti.

Bel lavoro!!